La cattedrale insiste su una basilica paleocristiana che si trovava entro il perimetro della città romana ed era dedicata alla Beata Vergine Maria.
In epoca medievale viene intitolata a San Terenzio, primo vescovo di Pesaro nel III secolo, martire e protettore cittadino. La distruzione del campanile ad opera di Cesare Borgia nel 1503, determina rifacimento e ampliamento di presbiterio e abside.
Nel 1865, sotto la direzione dell'architetto Giambattista Carducci, inizia un'altra radicale ristrutturazione; è in questa occasione che avviene la sensazionale scoperta dei due mosaici pavimentali sovrapposti - per una superficie di circa 900 mq ciascuno - che si estendono per tutta la chiesa.
Viene così ritrovata, a quasi due metri sotto il piano di calpestìo, una basilica che parte della critica identifica nella cattedrale paleocristiana. La stesura musiva viene interrata sotto il nuovo pavimento. Ad eccezione dei rifacimenti medievali, nel suo impianto originario il mosaico superiore si può datare alla metà del VI secolo d.C., grazie al pannello posto all’inizio della navata centrale su cui è inciso il nome del comandante bizantino - Giovanni - committente della basilica. Nel 1990 iniziano le operazioni di scavo per consentirne recupero e visione.
L'assetto attuale della chiesa è quello assunto dopo l'integrale ricostruzione dell’ Ottocento, che ne lascia intatta la facciata duecentesca; quest’ultima costituisce per Pesaro l'unico esempio relativamente integro di architettura romanica. Il portale trecentesco in pietra bianca è fiancheggiato da due leoni (secoli XII-XIII). L'interno è a croce latina con tre navate, sette altari e tre cappelle.
Di eccezionale qualità artistica è l’affresco in fondo alla navata sinistra, di scuola urbinate con probabile intervento di Raffaello quindicenne.
testo liberamente tratto da: Giovanna Patrignani (Pesaro. La Radio storia della Città. Pesaro, Metauro Edizioni, 2008, p. 56-57 e Federica Tesini (Pesaro: guida storico-artistica. Pesaro, Melchiorri editore 2000, pp. 35-40)
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