«Io vengo da Rimini, dalla Romagna quindi e questo me lo porto sempre dietro, che io abiti a Milano o che sia in viaggio negli Stati Uniti, ho sempre ben presente le mie origini. Conosco la mia gente e so che i riminesi, per quanto concerne i libri, si dividono in due grandi famiglie, in due opposte e diverse fazioni di pensiero: ci sono quelli coltissimi e quelli che vanno al mare. Io ero uno di quelli».
Parola di Marco Missiroli, scrittore riminese, classe 1981. Nonostante una madre insegnante, infatti, passa gran parte della sua adolescenza non occupandosi troppo dei libri, troppo impegnato ad uscire con gli amici, ad andare sul lungomare o a leggere i fumetti nell'edicola dove, tutte le estati, lavoricchiava saltuariamente. Quindi, come egli stesso si definisce, Marco Missiroli è un lettore "tardivo", che ha scoperto la lettura seria, in relativamente tarda età, dopo i venti. E la chiave di volta di tutto, sia della sua vena da lettore sia della sua vena da scrittore, è stato merito di Io non ho paura di Niccolò Ammaniti, del quale poi è diventato grande amico.
Il suo romanzo d'esordio, Senza coda (Fanucci, 2005), ha ricevuto nel 2006 il Premio Campiello Opera prima; si tratta di un'opera che racconta "di un'infanzia che si misura angosciosamente con il mondo adulto, con le sue sopraffazioni e violenze, varcando la linea d'ombra che conduce ad una pensosa maturità".
Nel 2007 pubblica con Guanda Il buio addosso (premio Insula romana 2008).
E' del 2009 il terzo romanzo, Bianco, sempre per Guanda, che vince il Premio Comisso e il Premio Tondelli.
Segue, nel 2012, Il senso dell'elefante (Guanda), che vince il Premio Campiello Giuria dei Letterati 2012.
Atti osceni in luogo privato (pubblicato questa volta da Feltrinelli) l'ultimo romanzo del riminese, è del 2015 e, per stessa ammissione dell'autore, «passerà ancora molto tempo prima che dia alle stampe un nuovo libro». Dice, infatti: «Il mio ritmo ideale è un libro ogni tre, quattro anni al massimo. Ma quando sto scrivendo un romanzo sono completamente immerso in quest'opera, penso e vivo in funzione del libro. Per questo quando lo finisco, è come se lo cacciassi via da me, quasi come se gli dessi un calcio: ho bisogno di vivere, ho bisogno di non essere sempre sul pezzo, ho bisogno di estraniarmi da quello che scrivo».
Marco Missiroli vive a Milano dove lavora come caporedattore di una rivista di psicologia e scrive per le pagine culturali del Corriere della Sera.
Lo scrittore mostra una grande attenzione per le parole, che non butta mai a vanvera ma che, lungi dall'annoiare, utilizza con grande sagacia. Il caso di Missiroli è un caso lampante di come la cosiddetta "nuova scuola autoriale italiana" sia vivida e feconda, per usare due termini dal sapore antico. «In fondo solo uno nato a Rimini può essere schizofrenico abbastanza da fare il caporedattore in una rivista di psichiatria ed aver fatto analisi per molto tempo: in fondo ho un lavoro da anni e questo, per uno in Italia che scrive romanzi, è una vera rivoluzione!».
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