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Yukio Mishima

Yukio Mishima rappresenta la tradizione giapponese più autentica. Ma, nello stesso tempo, è anche lo scrittore più visionario e all’avanguardia del suo paese e, con un paradosso apparente, ha saputo conciliare la sua anima orientale con l’assimilazione della cultura occidentale. Infatti, l’innato senso della bellezza, che lo scrittore coltiva fin dalla più tenera età, gli fa scoprire che l’analogo sentimento era il fondamento della cultura classica occidentale, soprattutto greca. Ed è per questo che Mishima può, verosimilmente, essere considerato scrittore di due mondi, interprete di una tradizione universale, il cui stile può essere compreso anche dagli europei dai quali ha imparato molto, soprattutto da D’Annunzio e Huysmans, Dostoevskij e Mann, Wilde e Baudelaire, ma anche Raymond Radiguet e Friedrich Nietzsche.
Con il passare del tempo la comprensione dell’ opera di Mishima e la sua fama sono cresciute a dismisura. Quasi tutti i suoi quarantasei volumi sono stati tradotti in Occidente e in particolare in Italia.
Sullo sfondo, naturalmente, resta il suo ultimo atto, compiuto il 25 novembre 1970, a quarantacinque anni: occupa l'ufficio del generale Mashita dell'esercito di autodifesa, dal cui balcone, di fronte a un migliaio di uomini del reggimento di fanteria, oltre che a giornali e televisioni, tiene il suo ultimo discorso: l'esaltazione dello spirito del Giappone e la condanna della costituzione del 1947 e del trattato di San Francisco, che hanno subordinato, secondo Mishima, alla democrazia e all'occidentalizzazione il sentimento nazionale giapponese. Al termine del discorso, entrato nell'ufficio, e dopo aver inneggiato all'Imperatore, si toglie la vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai, trafiggendosi il ventre e facendosi poi decapitare.
Il Mishima “politico” e quello “letterario” sono le facce di una stessa medaglia che vivono in un rapporto dialettico, e l’una non può esistere senza l’altra.
Nel biglietto d’addio lasciato prima di compiere il suicidio, troviamo tutta la sua volontà di eternizzarsi e di rendersi più prossimo che mai alla bellezza/morte, la bella morte: “La vita umana è breve, ma io voglio vivere per sempre”. Politica ed estetica in Mishima si confondono.

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