Contenuto principale

Dal sindaco la «riconoscenza per meriti letterari e culturali» a Paolo Teobaldi

La cerimonia a Palazzo Antaldi. Ricci: un grande pesarese

PESARO – All’autore pesarese Paolo Teobaldi l’attestato di riconoscenza per meriti letterari e culturali, consegnato da Matteo Ricci a Palazzo Antaldi: «Vive profondamente la città con la sua bici, in tutti gli angoli del centro e del mare. Dentro i suoi libri c’è una grande capacità letteraria ma anche l’amore per Pesaro. Che spesso fa da cornice alle sue storie: Teobaldi riesce a respirarne l’anima», evidenzia il sindaco. Anche per questo «c’è la volontà di costruire alcuni percorsi in città ricercando i luoghi, veri o ispirati da spazi autentici, che si ritrovano nei suoi romanzi. E non esistono luoghi senza le persone che li abitano». Ancora: «Dobbiamo avere la capacità di riconoscere i grandi pesaresi costantemente, valorizzando i figli migliori di Pesaro». Quindi la lettura della motivazione, che menziona l’opera letteraria dello scrittore «capace di narrare le trasformazioni culturali e sociali italiane, attraverso storie ambientate in gran parte a Pesaro. Attingendo alle tradizioni antiche e moderne della novellistica, innervando la sua lingua con il dialetto, intriso di cultura collettiva. Arricchendolo con l’esperienza dei suoi maestri ideali, tra cui Levi e Gadda». Un lavoro che «mette in circolo la cultura orale e scritta, con immaginazione limpida e ingegno linguistico. Partecipando  così in modo laborioso alla vita sociale della città che ama». Aggiunge il vicesindaco Daniele Vimini: «Teobaldi tratta la parola in termini di autenticità e versatilità. Aspetti necessari e non in contrapposizione. L’elasticità nel raccontare e comprendere il presente è uno dei migliori insegnamenti del suo lavoro letterario».

LO SCRITTORE -  «Di sicuro non me l’aspettavo», commenta Teobaldi. «La letteratura è un lavoro collettivo. Perciò dico grazie alla città: il riconoscimento è da condividere con un mare di persone», rileva  all’ingresso nell’auditorium. A Pesaro si dice «profondamente legato». Ma quella che concepisce è una città «aperta, ironica, sottile. Anche ‘sminchionata’: è difficile che un pesarese si esalti subito per qualcosa». Tuttavia, «non si tratta di una realtà così provinciale come potrebbe sembrare. In verità la ‘pesaresitudine’, intesa contro qualcuno, non mi ha mai convinto. Ho vissuto in altri centri più chiusi, ma qui ci sono le vie di fuga. In primis l’asse nord-sud sulla linea ferroviaria. Poi il mare, la lirica, l’entroterra». Su ‘Arenaria’, la sua ultima fatica letteraria, nelle librerie a fine mese, rivela: «Storie rubate sul San Bartolo. Episodi che ho captato: un miscuglio di vicende dalla fine dell’Ottocento alla conclusione della seconda guerra mondiale». Insomma: «Si tratta di una sorta di lascito per i giovani, con una lingua attenta alle espressioni che non ci sono più. Ma che permangono ancora nella memoria di molti». Si va avanti con le letture curate da Lucia Ferrati, combinate ai saluti del professore Enrico Capodaglio e del cofondatore della casa editrice e/o Sandro Ferri. Classe 1947, Teobaldi ha fatto il traduttore, il copywriter e l’insegnante d’italiano. Come narratore ha pubblicato ‘Scala di Giocca’ (Edes, Cagliari, 1984) e, per le edizioni e/o: ‘Finte. Tredici modi per sopravvivere ai morti’; ‘La discarica’; ‘Il padre dei nomi’ (premio Frontino-Montefeltro 2002); ‘La badante. Un amore involontario’ (candidato al premio Strega nel 2005); ‘Il mio manicomio’ e ‘Macadàm’.

Torna all'inizio