Contenuto principale

RINVIATA A DICEMBRE - Il salone nobile del Gradari per Antonia Pallerini (Pesaro, 1790)

Venerdì 24 novembre alle 17.30, l’intitolazione del salone nobile di Palazzo Gradari alla celebre danzatrice nata a Pesaro nel 1790. Una connotazione importante nel segno della danza, di uno dei luoghi che sarà centrale per Pesaro Capitale Italiana della Cultura 2024.

Nella settimana del calendario che celebra Santa Cecilia patrona della musica (22 novembre), c’è un momento importante nel segno della danza, espressione artistica che segna il dna culturale del territorio e ha radici profonde.

Venerdì 24 novembre alle 17.30 appuntamento a Palazzo Gradari - luogo simbolo per l’arte cittadina - per l’intitolazione del salone nobile ad Antonia Pallerini, celebre danzatrice nata a Pesaro nel 1790. Saranno presenti: per il Comune di Pesaro Daniele Vimini, vicesindaco e assessore alla Bellezza del Comune di Pesaro e Camilla Murgia assessora alla Gentilezza e alla Crescita con delega alle Pari opportunità, Gilberto Santini direttore AMAT.

Artista dalle doti eccezionali, ‘modello di grazia e di morbidezza’, danzatrice e mima, Pallerini è stata interprete privilegiata del coreografo e ballerino Salvatore Viganò e di un nuovo genere coreutico: il coreodramma. I contemporanei consideravano ineguagliate le sue capacità artistiche come attestano le lodi della critica e degli spettatori colti, primo fra tutti Stendhal che la definì ‘sublime’. Nella sua fiorente carriera è stata scelta da importanti coreografi del tempo come Antonio Landini, Louis Duport, Giovanni Galzerani,, Carlo Blasis, Jean Aumer, Gaetano Gioia e Francesco Clerico e si è esibita nei più importanti teatri italiani e all’estero.

La cerimonia vedrà la partecipazione dei danzatori della MM Contemporary Dance Company (ingresso gratuito) che poi in serata saranno sul palco del Teatro Rossini per un nuovo appuntamento della Stagione di Danza.
Sottolinea Daniele Vimini vicesindaco e assessore alla Bellezza: questa è un’intitolazione a cui teniamo particolarmente e che ci è stata suggerita e richiesta in questi mesi da studenti, danzatori e persone che ruotano attorno al mondo della danza; ma soprattutto è un’intitolazione che contribuisce a recuperare quel gap che si è creato negli anni di numero di spazi dedicati alle donne inferiore a quello degli uomini. E allora abbiamo pensato che il ricordo di Antonia Pallerini fosse appropriato in un salone della città che avrà una sua centralità per le arti compresa la danza e che - come già più volte sperimentato - si presta molto bene a esibizioni, residenze e progetti coreutici. Fra l’altro vale la pena ricordare che si tratta di un palazzo che ha vissuto i suoi splendori tra il Sette e l’Ottocento come nell’Ottocento ha vissuto ed è stata protagonista e stella indiscussa la pesarese Pallerini. Un palazzo che ora si prepara ad ospitare tutta la centralità degli incontri di Pesaro Capitale ed è sede degli uffici di Pesaro 2024 e dell’assessorato alla Cultura del Comune.

Antonia Pallerini Pesaro 1790 – Milano 1870)
Figlia di Filippo Pallerini (maestro di ballo e ballerino “grottesco’), e di Rosa Fedeli, cantante. Fanno parte della famiglia anche i ballerini Celestina e Girolamo e il ballerino e coreografo Antonio Pallerini. Antonia rimane presto orfana di padre e viene educata alla danza dalla madre fin da bambina. Grazie alle sue eccezionali doti eccelle fin da subito. A 13 anni debutta a Venezia, al teatro di S. Giovanni Grisostomo (oggi teatro Malibran) nel ruolo eponimo del ballo Gernando e Delinda. Nel 1805, a Milano danza al Carcano nel Filopemene di Giuseppe Cajani), nel 1807 al Teatro del Lentasio ne La capricciosa corretta ossia Una curiosa metamorfosi di Antonio Cherubini. Nel 1808 alla Pergola di Firenze interpreta La vendetta di Medea di Giacomo Serafini e l’anno successivo, a Roma, al teatro Argentina, danza nei balli per il melodramma Talestri regina di Egitto, coreografati da Gaetano Gioia. In quel tempo, a Milano, l’assoluto principe della danza era Salvatore Viganò che aveva cominciato la sua carriera a Roma, dove aveva esordito sotto vesti femminili, essendo allora bandite le donne dalla scena. Il suo vero esordio è a Vienna, col Riccardo cuor di leone, nel quale la nuova forma d'arte immaginata dal Vigano comincia a delinearsi. Stendhal dirà di lui: «La più bella tragedia di Shakespeare non produce su di me la metà dell’effetto di un balletto di Salvatore Viganò» (Rome, Naples et Florence). A partire dal 1810, col ballo Cajo Marzio Coriolano, creato nell’Imperial teatro di Torino, Antonia Pallerini diviene l’interprete privilegiata di Viganò e di un nuovo genere coreutico: il coreodramma. Su di lei Viganò costruisce i ruoli principali di apprezzate creazioni scaligere: sono gli anni della luminosa affermazione di doti che i contemporanei considerarono ineguagliate. La fama di Antonia Pallerini, attestata dalle lodi della critica e degli spettatori colti – primo fra tutti Stendhal – deriva proprio «dal suo sublime atteggiarsi drammatico, non già dalla danza propriamente detta» (I Teatri, 1830, p. 808). Oltre che per Viganò, Antonia Pallerini fu interprete per altri coreografi, come Antonio Landini, Louis Duport, Carlo Blasis, Giovanni Galzerani. Dopo la morte di Viganò (1821) Antonia Pallerini prosegue in una fiorente carriera. Per qualche anno è ancora a Milano, Nel 1826 lascia La Scala – vi tornò poi saltuariamente (ma soprattutto in fine di carriera) – e si esibisce con assiduità su diverse piazze italiane, tra cui il Regio di Torino, il Gran teatro di Trieste, il Comunale di Bologna, il Ducale di Parma, La Pergola di Firenze, La Fenice di Venezia, il teatro Grande di Brescia e, all’estero, lo Her Majesty’s Theatre di Londra). Ritrova così autori con cui aveva già lavorato, ma realizza anche nuove importanti collaborazioni, per esempio con Louis Henry, Salvatore Taglioni, Antonio Monticini e Antonio Cortesi, coreografo di Ines de Castro (Torino, Regio, 1827), che le offre un nuovo ruolo drammatico perfettamente consono alle sue doti interpretative, quello di Donna Ines, spesso raffigurato nell’iconografia coeva. Intorno al 1840 si ritira dalle scene e muore a Milano l’11 gennaio 1870.

Torna all'inizio